Descrivendo il mio ciclo delle Tre Preghiere per Organo mi sono spesso soffermato sull’idea di “musica allegorica“, cioè di un particolare sistema di segni, presente nella partitura, che, avendo orientato la composizione dei brani, diviene la chiave per la corretta decifrazione di qualcosa che altrimenti rimane assolutamente nascosta e impercettibile se non correttamente indicata.
Ogni musica può facilmente alludere a qualcosa di extra musicale che può più o meno essere chiaramente intellegibile attraverso dei processi analogici. Se ascoltiamo i Pini del Gianicolo di Respighi, anche se esuliamo dal titolo e dalla romanità del poema sinfonico esplicitata nell’introduzione al poema sinfonico, possiamo comunque in alcuni punti ricevere delle suggestioni, evidentemente perfettamente ricercate dall’autore, che innegabilmente trasferiscono il linguaggio musicale non tanto in un mero descrittivismo, ma alla rievocazione di una particolare sensazione provata al contatto di un elemento anche naturale. Parlando di Respighi e del brano che ho citato, possiamo riferirci alla fine della sezione 16 della partitura Ricordi (P.R.439, pag. 52), dove vi è un chiaro riferimento al vento fra i rami, ben inteso non una pittura ma l’evocazione simbolica della sensazione di mistero che si può provare a contatto di un elemento naturalistico.
Ciò che si nota nella pagina di Respighi, ma naturalmente in innumerevoli altre pagine musicali, è una simbologia, anche occasionale, che si basa sull’analogia, sul valore suggestivo di alcune formule e immagini.
Diverso è il caso dell’allegoria; come io stesso ho puntualizzato all’inizio della mia tesi di laurea, parlando del sistema di immagini presenti nell’Apocalisse, ma come è facilmente riscontrabile leggendo Dante o Elliot o Montale, l’allegoria è un sistema di segni che riporta a qualcos’altro, ma si basa sulla creazione di un codice, non sulla suggestione di un’immagine, pertanto la corretta comprensione necessita della esplicitazione del codice di riferimento. Qualora il codice si perda, si perderà anche il senso generale e particolare, che naturalmente può essere ricostruibile con una certa approssimazione, visto che comunque il codice potrebbe essere figlio di una particolare temperie culturale di riferimento.
In musica il codice è praticamente inintelligibile se non rigorosamente indicato, data la natura stessa del linguaggio musicale; anche qui però l’allegoria si mette in contatto con elementi storici e culturali che in qualche modo suggeriscono l’interpretazione.
Nel caso delle mie Preghiere per Organo, cosciente della necessità di chiarire l’idea all’interprete e all’ascoltatore, nonché evidentemente al lettore della partitura, ho indicato attraverso delle parole, scritte come la musica vocale ma ovviamente non per essere cantate se non eventualmente nella mente dell’interprete, una corrispondenza tra cellule motiviche e idee, quindi una vera e propria allegoria; tutti gli elementi di base vengono diversamente spinti a intraprendere un vero e proprio viaggio musicale, dove però è compito del lettore ritrovare e intuire, analizzando le trasformazioni, i percorsi che le diverse allegorie prendono e i significati di cui di volta in volta si arricchiscono.
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Di tutto il ciclo, la Preghiera III per Organo “Veni Creator Spiritus” è quella in cui la costruzione allegorica è più riuscita e anche più strutturata: d’altra parte la composizione dei tre brani è stato un percorso di approfondimento di un’idea che via via si è fatta sempre più chiara, progredendo verso un sempre maggiore strutturalismo. Ciò fa sì che magari nella Terza Preghiera ci sia una minore spontaneità rispetto alle prime due, ma sicuramente a mio avviso può rivelarsi interessante proprio nel momento in cui diviene chiaro l’intento.
Dal punto di vista strutturale il brano si apre con un corale che fornisce tutto il materiale di base per l’intero svolgimento del pezzo. A questo corale vengono affidati i primi versi del Veni Creator Spiritus. Sin dal secondo episodio del brano inizia un continuo sviluppo basato sul principio della variazione, che rende sempre presente più o meno in maniera palese lo spunto allegoricamente collegato all’invocazione allo Spirito Santo.
In alcuni momenti il criterio di trasformazione diviene sempre più nascosto e a questo punto subentra il codice più universale che si possa avere, la citazione del canto gregoriano, che è quanto di più radicato nella cultura europea.
Non è una citazione fine a se stessa, o per dare un ulteriore sfoggio delle capacita più o meno innovative di armonizzare o riproporre in maniera nuova un tema più e più volte presente nella letteratura musicale occidentale. Al contrario è un riannodare il filo conduttore del discorso, visto che la melodia univocamente accettata e conosciuta si fonde con l’idea melodica originale del brano, attraverso un processo di sovrapposizione che ha lo scopo quasi di fornire musicalmente il codice all’allegoria.