Una vecchia foto, abbastanza scolorita, richiama alla mia memoria la prima volta che ho visto dal vivo Giovanni Paolo II, a Piazza San Pietro il 25 maggio del 1983. Ero ragazzino e poco dopo aver scattato quest’immagine un poliziotto mi accompagnò ancora più vicino al Papa.
L’ho rivisto ancora l’11 giugno 1988 a Messina e poi a Reggio Calabria, ma naturalmente il ricordo più forte, vivo ed emozionante rimane il primo.
Giovanni Paolo II è stato una figura centrale, costante e vicina, duratura, che ha segnato in maniera unica una parte significativa della mia vita: ne ho visto la prima apparizione alla loggia della Basilica di San Pietro quando ancora ero bambino (e come fu grande la sorpresa, anche nei più grandi, naturalmente, alle sue prime parole) e quando morì ero marito e padre, e ormai già avviato nella mia vita lavorativa.
Stamattina Papa Francesco, nell’omelia della Messa celebrata in occasione del centenario della nascita di Karol Wojtyła, ha ricordato come “il Signore ha visitato il suo popolo (cfr Es 4,31), perché lo ama” e “ha inviato un uomo, lo ha preparato per fare il vescovo e guidare la Chiesa”: non possiamo che esser grati per questo grande dono, per questo grande segno che ha illuminato l’ultima parte di un secolo denso di contraddizioni, traghettando la Chiesa nel difficile nuovo Millennio.