Il rapporto tra testo poetico e composizione musicale non è forse mai stato così intenso, e direi anche tormentato, come nella produzione di Carlo Gesualdo da Venosa. Il presente madrigale mostra una alternanza tra episodi omoritmici ed altri a carattere imitativo, concatenati tra loro da relazioni tematiche, disposti in sequenza senza delle nettissime cesure, che aderiscono, nel loro aspetto melodico, come in quello strutturale, all’intima valenza spirituale del componimento poetico. Riporto per maggiore chiarezza di riferimento il testo, cercando di ricostruirlo nella sua struttura metrica in base alle indicazioni tipografiche editoriali e alla suddivisione del testo da parte del compositore.
Itene o miei sospiri 1
Precipitate il volo 2
A lei che m’è cagion d’aspri martiri 3
Ditele per pietà del mio gran duolo 4
Ch’ormai ella mi sia 5
Come bella ancor pia 6
Che l’amaro pianto 7
Cangerò lieto in amoroso canto 8
L’incipit (esempio 1) del madrigale presenta un episodio perfettamente omoritmico che vede subito impiegato il coro in tutte le sue voci. Alla prima parola, “itene”, viene affidata una figura ritmica dattilica perfettamente aderente al ritmo della parola; le misure indicate dall’editore come 4 e 5 mostrano già sulla sola parola “sospiri”, alcuni aspetti salienti dell’arte di Gesualdo; bisogna notare innanzitutto il sapiente uso di un madrigalismo che, con la pausa e quindi la sospensione dell’emissione della parola tra la prima e la seconda sillaba, disegna plasticamente l’affanno di un sospiro.
L’espediente, molto caro ad altri compositori come ad esempio Luca Marenzio che ne fece un uso più intensivo, mi sembra però usato in chiave squisitamente espressiva, non solo quindi con funzione pittorica e ciò è sottolineato dall’aspro, per i tempi in cui fu scritto, cromatismo che accosta nel giro di poche misure aree armoniche tra di loro lontane.
Gesualdo stupiva i suoi contemporanei con l’arditezza dei suoi avvicendamenti armonici ma ciò era dettato non già da una mera ricerca della novità a tutti i costi ma da profonde esigenze espressive: come nel nostro caso il compositore ha fatto sua l’istanza del poeta e di conseguenza l’ha espressa nel sistema comunicativo a lui congeniale, cioè la musica; e quanto un testo poetico come questo potesse aver risonanza nel suo animo lo si può ben capire richiamando alla mente l’indole e la vita del Principe di Venosa.
Il secondo episodio è a carattere imitativo e segna un netto stacco espressivo con il precedente, anche qui dettato dalle mutate esigenze testuali. Bisogna subito rilevare come non vi sia assolutamente proporzione tra il numero degli episodi a carattere imitativo e quelli a carattere omoritmico, nettamente propendendo il compositore, evidentemente, per un trattamento delle voci più in senso accordale: solo tre episodi, infatti, hanno un trattamento contrappuntistico-imitativo, e hanno quasi una necessità fisica di una polifonia che esuli dalla accordalità.
Nell’episodio corrispondente al verso 2 (esempio 1) le imitazioni non sono regolari tra le voci: ciò che sta a cuore al compositore è evidentemente più il dinamismo ritmico-sonoro. Si può comunque trovare una affinità tra l’inciso iniziale dell’episodio (sopr.I, mis.7) e le misure 1-4 sempre del soprano I: prescindendo dal ritmo gli intervalli sono simili (una terza discendente seguita da una seconda discendente) e anche se non sono propriamente uguali è chiaro che l’inizio dell’episodio propone la stessa figurazione discendente che si rivela, con il cambiamento dei valori ritmici, perfettamente aderente al valore metrico del testo, come adattissima è l’aerea figurazione melodica sulla parola “volo”.
Leggendo le miss.7-10 (esempio 1) si nota anche come la valenza semantica del termine “precipitate” è colta anche al di là del significato contingente della parola in questo contesto madrigalistico: le voci infatti oltre che ad affrettare (“precipitare”) il loro ritmo, si imitano in ordine dal soprano verso il basso “precipitando” quindi dal registro acuto al grave; se la musica fosse, come la poesia, solo da leggere, qui si potrebbe rilevare uno degli espedienti del manierismo ellenistico, passato poi anche nella cultura medievale, di creare con la disposizione delle parole sul folium una immagine; ma la musica con la sua dimensione auditiva fa di questo episodio non solo un piacere intellettuale per chi legge la partitura ma soprattutto una perfetta rispondenza, anche a livello di testura corale, tra testo poetico e composizione musicale.
Mi sono particolarmente soffermato su questi primi due episodi perché mi sembrano essere particolarmente chiarificatori riguardo i procedimenti compositivi di Gesualdo da Venosa e anche perché gli altri episodi presentano le medesime caratteristiche di base, pur adattandosi, di volta in volta, alle diverse esigenze testuali. Ecco quindi che alle miss.15-20 (esempio 1, sopra) si ritrova l’aspro cromatismo già presente nel primo episodio, qui ribadito due volte sulle parole “a lei” con una figurazione ritmica giambica, espediente tecnico qui usato in relazione alla forte invocazione, presente nel testo poetico, all’amata affinché intervenga con un suo mutato atteggiamento a placare il tormento di chi l’ama: considerando l’arte nel suo complesso prima di Gesualdo forse solo Catullo in alcuni suoi versi a Lesbia aveva descritto con tanta forza questa disposizione d’animo.
Di particolare effetto e modernità, nel loro aspetto armonico, sono le miss.20-21 (esempio 2) con la presenza sul tempo debole della mis.20 di una triade diminuita (si-re-fa) sul pedale di mi dei bassi, con una forte carica di dissonanza che prosegue nella mis.21 prima della risoluzione sulla triade minore la-do-mi in secondo rivolto. Tali asprezza non sono rare in Gesualdo e, come dicevo prima, hanno sempre una funzione espressiva: qui le dissonanze sono in concomitanza con esigenze testuali, trovandosi sulle parole “aspri martiri”.
L’episodio corrispondente alle miss.31-43 (esempio 3), verso 4, ha, al suo inizio, la stessa figurazione usata dal compositore al principio del madrigale; mentre però lì il coro era presente al completo, qui, fino alla misura 36, vengono impiegate solo quattro delle cinque voci, in modo tale che vi possa essere un crescendo dinamico che sottolinei il tono di invocazione della frase poetica, ripetuta due volte in funzione perorativa, trovando il culmine alla mis.37 dove la forza espressiva del cromatismo è accentuata dalla presenza finalmente del coro nella sua interezza.
La seconda metà dell’episodio (miss.39-43) si richiama per il suo andamento armonico alle miss.20-24 sia per il frequente uso delle sincopi, sia per il pedale di re al basso che permette al compositore di praticare, direi quasi di giustificare, le sue espressive dissonanze.
Gli ultimi episodi, corrispondenti ai vv.5-6 e 7-8, hanno una concezione d’impianto simile, dovuta, a mio parere, alla mutata caratterizzazione della struttura metrica da parte della rima: mentre i primi quattro versi sono a rima alternata, gli ultimi quattro sono a rima baciata, quindi in base alla struttura metrica sono divisibili in due parti simmetriche staccate, ma non uguali: due versi + due versi. Quinto e settimo verso hanno un andamento omoritmico, sesto e ottavo imitativo. Si può quindi così, a livello analitico, congetturare nella mente del compositore la capacità di far rivivere in determinati aspetti della composizione musicale anche il valore metrico della poesia.
L’episodio corrispondente alle miss.47-55, verso 6, (esempio 4) mi sembra molto più disteso dal punto di vista armonico, rispetto ai precedenti; sono assenti sia i cromatismi improvvisi, sia le dissonanze che avevamo rilevato prima; anche qui si tratta di una risonanza del testo poetico: l’amata appare bella agli occhi del poeta, che spera che a tanta bellezza corrisponda pietà. Anche la melodia, caratterizzata all’entrata dei soprani I e dei bassi dal solito frammento discendente terza + seconda che sembra quindi essere uno degli elementi di coerenza motivica per l’intero madrigale, contribuisce al contrasto dato dal mutamento di atmosfera apparendo sciolta nel suo fluire ricco di crome.
Il cambiamento di atmosfera è completo nell’ultimo verso-episodio in cui il poeta prefigura la gioia e la felicità del suo ipotetico futuro, accanto all’amata, simboleggiato dal “lieto canto” in cui si tramuterà il pianto. “Cangerò”, parola chiave del verso, vero punto di volta dell’intera poesia come del madrigale è sottolineata dal cambiamento di tempo che da binario diventa ternario per tre misure, ma più ancora dall’innalzamento progressivo della tessitura degli accordi fino al culmine della misura 64, ricevendo ulteriore spinta dal cromatismo.
Chiude il madrigale (esempio 5) un ultimo episodio contrappuntistico (miss.65-73) in cui sono presentati vari frammenti melodici che vengono imitati apparentemente in maniera disordinata e spesso solo ritmicamente, quindi con intervalli melodici cambiati; l’episodio ha comunque, a mio avviso, una sua unitarietà data dalla figurazione di quattro crome discendenti o ascendenti (quindi per moto contrario) per grado congiunto sulla parola “canto”. L’intricato tessuto polifonico è comunque la risonanza musicale della gioia espressa dal poeta, resa qui in maniera tumultuosa.
Ho voluto, con questi esempi, mettere in luce il particolare rapporto che Gesualdo ha con la poesia. Il testo, peraltro molto pregevole non solo dal punto di vista stilistico ma anche da quello espressivo, cosa questa non certo comunissima per i testi adoperati dai madrigalisti, è completamente assimilato dal compositore, senza dubbio anche per le affinità di espressione col poeta, che lo fa del tutto suo facendolo rivivere nel linguaggio musicale: non pittura sonora di un testo poetico, non descrittivismo, come chi vede una cosa dall’esterno e ne parla, ma intima e vera partecipazione all’espressione poetica. In questa ottica acquistano significato i complessi passaggi cromatici degli episodi omoritmici, le dissonanze, le tensioni e i cambiamenti repentini di atmosfera che abbiamo visto. La musica di Gesualdo potrebbe quindi per se stessa esprimere l’atteggiamento poetico senza le parole ? Ne era certamente convinto Igor Stravinski quando propose una versione per strumenti di alcuni madrigali di Gesualdo. Forse una radicalizzazione di quanto ho espresso, ma sta di fatto che il rapporto tra letteratura e musica, che assume svariati aspetti nel corso della storia della musica, trova il Gesualdo da Venosa uno dei suoi più alti momenti.
Andrea Amici – Messina, Luglio 1995