Il lungo viaggio è un cortometraggio realizzato nell’ambito di un progetto comune fra Liceo Scientifico Seguenza e Università degli Studi di Messina, il Progetto Cinema/Officina Performativa.
Sono stato contattato qualche mese fa da una delle coordinatrici del progetto, la prof.ssa Virginia Nigrelli che è anche mia cognata, che mi proponeva la realizzazione della colonna sonora per un cortometraggio di circa quindici minuti, che avrebbe avuto come tematica la difficoltà dei giovani a trovare lavoro nella propria città e anche la lotta con l’innato senso di appartenenza nei confronti della propria terra.
Ho accettato di buon grado e dopo qualche tempo per posta elettronica mi è stata recapitata la sceneggiatura, in una stesura abbastanza definitiva e con una divisisone in otto scene, priva però di alcuna indicazione di tempi.
La sceneggiatura mi è parsa subito molto interessante: da un lato alcune idee al limite dell’irreale, come la scena iniziale sulla spiaggia con un’atmosfera sospesa da coro di tragedia greca, dall’altro la problematica giovanile immersa nel contorno di una città bella ma praticamente morta, dove si infrangono i sogni e le aspettative dei giovani.
Ma fino al termine del lavoro, tutto questo è stato solo nella mia immaginazione, perché al di là dei fogli virtuali con sopra scritta la guida delle scene e dei dialoghi (lo ripeto, senza alcuna indicazione di tempo) non mi è stato dato nient’altro: i tempi erano stretti e il regista, il messinese Giuliano Pagliaro, aveva del materiale girato, ma nessun montaggio e anzi aspettava proprio i commenti musicali per eventualmente poter stabilire una durata definitiva del suo breve film.
Mentre quindi mi ero aspettato di ricevere (anche poco per volta) dei video con il montaggio per caricarlo nella mia DAW e lavorarci sopra, mi sono invece accorto che la situazione era ben diversa, insolita e sicuramente poco ortodossa; a questo punto le soluzioni erano due: o lasciare perdere il tutto oppure mettere in moto la fantasia e scommettere sul vuoto.
Naturalmente ho scelto la seconda strada, altrimenti non sarei qui a scriverne. Conoscendo i posti, ho cominciato a immaginare come sarebbe stato un piccolo film sulla sceneggiatura che mi era stata fornita e a rendere reali nella mia mente immagini, dialoghi, paesaggi, il tutto con un mio preciso senso dello scorrere del tempo. Scena per scena ho così iniziato a scrivere la musica, guardando con attenzione l’indicatore temporale nel software al computer, quasi per rimanere fedele al mio tempo immaginato.
Ho iniziato a scrivere proprio dall’inizio, dalla scena sulla spiaggia alla quale ho prima brevemente accennato, passando poi a quella che secondo me era la scena fondamentale, il viaggio sulla nave traghetto attraverso lo Stretto di Messina, un viaggio breve ma che diventa “lungo” se al suo interno si svolgono scelte fondamentali per il proprio futuro. Da queste sono andato avanti via via a coprire, sempre secondo la mia immaginazione, tutto il cortometraggio.
La prima scelta obbligata è stata quella strumentale: per cosa comporre. Anche se si trattava di momenti di vita fra giovani, la tematica mi è parsa adatta a una veste musicale più profonda: ciò di cui si parla è un dissidio fra il senso di appartenenza e l’odio verso una terra che non offre e sulla quale si rimane a costo di pesanti compromessi con le proprie prospettive; una tematica quindi implicante una sottigliezza di sfumature psicologiche, che solo l’orchestra sinfonica può interpretare.
L’organico quindi per cui è scritta gran parte di questa piccola colonna sonora è l’orchestra sinfonica e non avendo a disposizione un’orchestra in carne e ossa ho realizzato dei mock-up con le mie librerie della EastWest/Quantum Leap che anziché servire da guida sono divenuti alla fine la vera colonna sonora.
Le idee tematiche sono semplici, minimali in alcuni brani, più spiegate in altri, ma sempre con un senso di incompiutezza, quasi da “melodia infinita” wagnerianamente intesa, volutamente caratterizzate da un senso di sospensione, di inconclusione.