Come ogni anno ho trascorso alcuni giorni di vacanza a Messina, città dove sono cresciuto e dove, all’interno della bellissima Basilica Cattedrale, è ospitato uno dei più importanti organi d’Europa, un imponente strumento costruito inizialmente dalla ditta Tamburini di Crema e inaugurato nel 1930, successivamente distrutto dai bombardamenti angloamericani nel corso della seconda guerra mondiale e infine ricostruito nel 1947 sempre da Tamburini; l’organo ha cinque tastiere, sedicimila canne e circa centosettanta registri.
Già da qualche anno l’Arcidiocesi di Messina ha iniziato a valorizzare lo strumento con un cartellone di concerti d’organo all’interno della rassegna Fede Arte Musica, giunta in questo 2008 alla quarta edizione, sotto la direzione artistica di mons. ; nel corso della rassegna estiva al grande organo della Basilica è stato dato ampio spazio con una ricchissima offerta di concerti che dureranno fino a tutto il mese di settembre.
Ho avuto l’occasione di ascoltare tre concerti ricavandone varie impressione, la maggior parte positive; innanzi tutto mi sembra estremamente lodevole l’iniziativa: una serie di concerti d’organo, posizionati allo strategico orario delle 12,15, annunciati non solo durante la messa domenicale, ma soprattutto collocati al termine di una delle più popolari attrattive offerte dalla città di Messina, lo spettacolo offerto dall’animazione delle figure che compongono il campanile del Duomo che si svolge dalle 12 alle 12,15 circa.
Inoltre è senza dubbio un’ottima iniziativa veder valorizzato un grande strumento attraverso l’alternarsi di tanti concertisti nell’arco di tutta l’estate per poter dare agli ascoltatori la possibilità di avvicinarsi a varie sfaccettature del repertorio organistico internazionale. Tutto questo in un momento in cui, soprattutto in Italia e ancor più nel suo Meridione, è necessario un impulso alla cultura che è l’unico mezzo per risollevare il grado di civiltà della popolazione e risanare stili di vita che si trovano in una situazione di declino che sembra quasi inarrestabile. Fa piacere che a Messina sia stata proprio la Chiesa cattolica a prendere in mano le redini di un’iniziativa culturale: oggi più che mai proprio la Chiesa – guidata fra l’altro ormai da vari papati da uomini di formidabile cultura (si pensi all’umanesimo di Paolo VI, all’amore per l’arte di Giovanni Paolo II e all’imponente preparazione teologica e culturale dell’attuale papa Benedetto XVI) – dovrebbe riprendere il suo ruolo anche di motore culturale, come lo è stato in passato; la cultura può rimanere laica, ma non per questo deve essere solo laica e allo stesso tempo essa è un ponte fra le diversità e un lievito per la civiltà. E l’organo, infine, è una sorta di strumento soprannaturale, capace di illuminare alcune zone dell’anima più profonde e più strettamente legate col senso dell’infinito.
Tornando ai concerti, come dicevo ne ho ascoltati tre nel mese di agosto; il primo con Paolo Oreni affiancato da un’altra organista (della quale purtroppo non ho annotato il nome…) in un repertorio a quattro mani (e quattro piedi, quindi…) dedicato a trascrizioni di brani sinfonici. A dire la verità non mi ha entusiasmato particolarmente la scelta dei brani, tuttavia, come attrattiva anche per un pubblico che si accosta per la prima volta al concerto d’organo effettivamente può anche configurarsi come una scelta tutto sommato rassicurante.
Il secondo concerto che ho ascoltato, invece, era dedicato al repertorio più squisitamente organistico ed è stato tenuto da Giuseppe Speciale, organista di Messina e mia vecchia conoscenza: abbiamo assieme sostenuto vari esami al Conservatorio di Messina, studiando fra l’altro con lo stesso insegnante. Di questo concerto ricordo con grande soddisfazione la chiarezza del fraseggio e anche la cura del suono, la capacità in sostanza di dominare con sicurezza un mastodontico strumento fra l’altro situato in condizioni acustiche non proprio ottimali: i corpi di canne sono dislocati in vari punti del Duomo, molto distanti fra loro e i muri riflettono particolarmente il suono, pertanto è necessario agire con sapienza sul fraseggio e la scelta della registrazione.
Il terzo concerto ha visto come protagonista la giovane organista francese Katherine Nikitine, impegnata nella complessa presentazione delle trascrizioni delle improvvisazioni di Jean Guillou realizzate all’organo di Saint Eustache a Parigi in occasione della missione dell’Apollo 8. Una musica sicuramente complessa, resa dall’organista francese in maniera impeccabile e sicura: la Nikitine ha ostentato una padronanza tecnica non indifferente, dimostrando un’estrema pulizia nel fraseggio sia ai manuali che alla pedaliera e grande competenza nella sapiente scelta della registrazione; è stato così possibile ascoltare una variegatissima tavolozza timbrica che ha valorizzato profondamente la dimensione visionaria della musica di Guillou: esplosioni sonore ritmicamente vigorose e precise, atmosfere siderali, sonorità estremamente policrome che hanno trovato nello strumento di Messina un veicolo privilegiato per una musica che esplora dell’organo le possibilità anche più recondite.
Il pubblico ha dimostrato con lunghi applausi e grandi consensi di aver apprezzato la grande tecnica della Nikitine che ha dato vita, con la sua già originale e forte personalità, a un evento di alto valore culturale e musicale.
Non rimane che augurarsi una prosecuzione nel tempo di questa ottima iniziativa della Diocesi di Messina che, custodendo un così importante strumento, ha, a mio giudizio, quasi l’obbligo morale alla sua valorizzazione attraverso concerti e attività culturali che non possono non essere affidate a personaggi di spicco del mondo dell’organo.