Il romanticismo italiano ha due esponenti principali: Alessandro Manzoni e Giacomo Leopardi; il primo appartiene al filone realistico-oggettivo, mentre il secondo a quello patetico-soggettivo. Manzoni infatti propone un’arte basata sul realismo storico, mentre Leopardi un’arte lirica, filosofica, basata essenzialmente sull’interiorità dello scrittore.
Profilo biografico
Giacomo Leopardi nacque il 29 giugno 1798, da una famiglia nobile. Nel suo paese non c’erano particolari stimoli culturali e da giovanissimo lo scrittore preferì dedicarsi allo studio nella biblioteca del palazzo di famiglia dove trascorreva giornate intere occupandosi della lettura dei testi che aveva a disposizione.
In pochi anni, da autodidatta, divenne esperto di lingue classiche, ebraico, lingue moderne, letteratura, storia, filosofia e filologia (nonché scienze naturali e astronomia). I sette anni impiegati in questo studio che lui stesso definì “matto e disperatissimo” da un lato lo resero enormemente colto ma dall’altro danneggiarono il suo fisico e la sua salute. Iniziò in questo periodo a scrivere saggi e traduzioni specialmente di opere classiche. Nel 1816 iniziò invece a scrivere poesie, attuando quello che lui stesso chiamò il passaggio “dall’erudizione al bello”; in questo stesso periodo cominciò a intraprendere contatti con vari intellettuali italiani e stranieri e iniziò anche la stesura dello Zibaldone, una specie di diario personale nel quale Leopardi annotò fino alla morte i suoi pensieri e le sue riflessioni permettendo così di avere un quadro generale del suo pensiero anche se in maniera frammentaria.
Nel 1819 attraversò un periodo di profonda crisi, dovuto al senso di frustrazione per la sua vita in un contesto culturale e sociale poco adatto alla sua sensibilità artistica; appartengono a questo periodo alcuni componimenti poetici tra i più famosi, come L’Infinito e Alla Luna e nel contempo una nuova concezione filosofica, che l’autore indicherà con il passaggio “dal bello al vero”.
Dopo un breve soggiorno a Roma, nel 1823 Leopardi tornò a Recanati dove iniziò a scrivere le Operette Morali, un’opera in prosa nella quale si approfondiscono le teorie filosofiche dell’autore, con la formulazione della teoria del pessimismo storico, che individuava le cause dell’infelicità dell’uomo nella ragione, e della teoria del pessimismo cosmico, che dichiarava la Natura nemica dell’uomo, causa delle sventure umane, in quanto essa genera nelle persone un continuo desiderio di felicità destinato ad essere sempre deluso. Dal 1825 riuscì a lasciare Recanati e cominciò a viaggiare per alcune città italiane, ritornando nella sua città nel 1828, dove riprese ad approfondire le tematiche filosofiche della natura matrigna e della caduta delle illusioni.
Nel 1830 si stabilì prima a Firenze e poi a Napoli dove scrisse i suoi ultimi capolavori fra cui La Ginestra, nei quali l’autore sviluppa ulteriormente il suo pensiero trovando una possibile soluzione al suo pessimismo attraverso un senso di fratellanza universale tra tutti gli uomini accomunati dallo stesso destino di infelicità voluto dalla Natura.
Le opere e la poetica
La poesia di Leopardi nasce essenzialmente da due presupposti di base: il senso di inadeguatezza nei confronti della realtà e lo scontro fra realtà umana e dimensione sovrannaturale da una parte e un dolore esistenziale dall’altra. Il dolore a sua volta è una tematica dai molti aspetti diversi: dolore personale per la propria realtà individuale, dolore per la morte intesa in senso materialistico come disgregazione totale, dolore per la condizione cosmica di infelicità causata dalla Natura. Proprio una lunga riflessione filosofica sul concetto di Natura è alla base di gran parte del pensiero e della poetica di Leopardi. La Natura è per il poeta un concetto filosofico estremamente complesso: non è assolutamente intesa in senso materialistico e meccanico, come la intendevano i filosofi dell’Illuminismo settecentesco, ma in un modo estremamente personale: per Leopardi la Natura è vita, nel senso espresso dalla parola greca physis, cioè l’atto di venire alla luce nel divenire del tempo.
L’opera poetica di Leopardi è riunita in alcuni gruppi fondamentali: quasi tutte le poesie rientrano in un’unica raccolta intitolata “Canti”, dove sono state riunite in ordine non solo cronologico ma anche tematico varie raccolte più piccole; la produzione in prosa è costituita dalle Operette Morali, da altri scritti minori e dallo Zibaldone, il diario personale dell’autore dove si ritrova tutto il pensiero filosofico leopardiano. Il linguaggio poetico di Leopardi è classicista e nello stesso tempo estremamente efficace e ricco e racchiude in sé tematiche romantiche all’interno di una forma basata sulla metrica tradizionale ampliata per ottenere risultati di notevole efficacia poetica. Un elemento sempre presente nella poesia di Leopardi è il paesaggio che ha sempre una corrispondenza ideale con quello che viene espresso.
Le prime opere scritte fra il 1813 e il 1816 sono quasi esclusivamente esercizi di erudizione; i primi componimenti poetici iniziano tra il 1816 e 1817, con poesie strettamente legate ad esperienze autobiografiche. Appartengono al 1818 le Canzoni civili intitolate All’Italia e Sopra il monumento di Dante, scritte in connessione con la situazione politica italiana.
Tra il 1819 e il 1825 Leopardi scrisse una serie di poesie raggruppate sotto il nome di Idilli, fra cui L’Infinito, Alla Luna, La sera del dì di festa, Il Sogno, La vita solitaria; il termine idillio si riferisce a un componimento poetico scritto in endecasillabi sciolti che parla di situazioni individuali dell’animo del poeta, messo in relazione con una situazione o un quadro paesaggistico, riprendendo il modello del corrispondente genere poetico dell’antica Grecia, introdotto da Teocrito (IV-III sec. a.C.).
Tra il 1820 e il 1823 Leopardi scrisse anche un gruppo di poesie che sono raggruppate sotto il titolo di Canzoni, di lunghezza maggiore rispetto agli Idilli, con un pensiero poetico e filosofico più evoluto rispetto al passato; in particolare è importante quella intitolata Ultimo Canto di Saffo nel quale si approfondisce la tematica della Natura nemica dell’uomo e del suicidio come ultima arma per sottrarsi al divenire della Natura.
Dopo queste esperienze poetiche Leopardi si rivolge quasi esclusivamente alla prosa, scrivendo le Operette Morali, nelle quali attraverso delle allegorie viene presentato in maniera completa il pensiero filosofico leopardiano sulla teoria del pessimismo e del suo passaggio da un pessimismo storico a uno cosmico; le Operette Morali sono ventiquattro brevi scritti, per lo più in forma di dialoghi fra personaggi reali o immaginari e i temi più ricorrenti sono: la condizione umana, la morte, il destino, la ricerca inutile della felicità, la dimostrazione della triste condizione dell’uomo causata dalla Natura.
Dal 1823 al 1832 Leopardi riprende a scrivere poesie con il gruppo intitolato Nuove Canzoni fra cui quelle che sono le più importanti e i migliori esempi della poesia filosofica leopardiana: A Silvia, Il Passero Solitario, La quiete dopo la tempesta, Il Sabato del Villaggio e il Canto notturno di un pastore errante dell’Asia.
L’ultima fase della poesia di Leopardi è costituita dal gruppo intitolato Ultime Canzoni, scritte fra il 1832 e il 1837, tutte dedicate all’approfondimento e all’evoluzione del pensiero filosofico. Fra queste sono particolarmente importanti: Il pensiero dominante, Amore e morte, Aspasia e soprattutto La Ginestra.
Il pessimismo leopardiano
Inizialmente il pessimismo di Leopardi è soggettivo e personale, legato quindi esclusivamente alla sua condizione di vita; in seguito il poeta introduce il concetto di pessimismo storico: secondo questa teoria l’infelicità è sempre esistita, solo che nelle epoche più antiche gli uomini non se ne accorgevano in quanto vivevano più a contatto con la Natura che li aveva dotati di immaginazione e illusioni che producono nell’uomo una felicità che non è reale in quanto mascherano la vera realtà che è fatta di sofferenza; l’uomo moderno ha distrutto con la ragione le illusioni che la Natura, ancora considerata benigna, gli aveva fornito. In seguito Leopardi cambia le sue idee elaborando la teoria del pessimismo cosmico: la Natura è un’entità maligna, che non vuole il bene delle sue creature; pur essendo consapevole dell’infelicità dell’uomo, la Natura continua senza mai fermarsi nel suo meccanismo indifferente e crudele di prosecuzione della specie e di conservazione del mondo, generando sempre nuove creature destinate all’infelicità che per di più inganna con le illusioni; l’uomo non può far altro che rendersi conto di questo triste destino: la sofferenza è la condizione fondamentale dell’essere umano. Nell’ultimo periodo della sua vita, senza cambiare opinione riguardo la Natura e l’uomo, Leopardi propone come soluzione la solidarietà fra tutti gli uomini accomunati dalla stessa condizione esistenziale.
Leopardi in musica
Andrea Amici, Preludio e Infinito, per soprano, coro e orchestra (2010)
Goffredo Petrassi, Coro di Morti, madrigale drammatico per voci maschili, tre pianoforti, ottoni, contrabbassi e percussione (1940-41)
Pietro Mascagni, A Giacomo Leopardi, Poema Musicale per orchestra e voce di soprano (1898)