Un po’di storia: come già detto nel post d’introduzione, per la mia formazione l’ascolto è stato importantissimo e lo è anche adesso nelle mie attività. In casa ho un ricco archivio musicale che si alimenta continuamente; agli inizi, naturalmente, si trattava di avere una discografia riguardante la costruzione di un repertorio di base: ricordo i primi acquisti, con un’integrale delle Sinfonie di Beethoven dirette da Bernstein, poi Mozart, Rimsky-Korsakov, le opere di Puccini e di Verdi, e via così, arricchendo l’archivio musicale con incisioni di brani che via via mi interessavano per lo studio o per la curiosità teoretica, rivolgendomi a epoche e periodi diversi; una volta completata una prima stratificazione non mi sono certo fermato, ma sono andato a caccia di interpretazioni significative, per arricchire la conoscenza attraverso il confronto. Ecco quindi l’affacciarsi di una mentalità da collezionista, non fine a se stessa, quindi non destinata semplicemente all’accumulo, ma con finalità ben precise.
La storia della mia collezione – ancora lo ricordo perfettamente – inizia con un primo acquisto targato Deutsche Grammophon: Debussy: La Mer – Images – Prélude à l’après-midi d’un faune – Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, direttore Leonard Bernstein, un’autentica rivelazione di un modo personalissimo di leggere delle pagine celebri e di grande repertorio.
Questa release, frutto di registrazioni live, si apre con le Images, un lavoro del 1912, proposte in un ordine che pospone Ibèria, messa in posizione conclusiva, come per accentuare il carattere di indipendenza di questa sezione che costituisce un vero e proprio “trittico nel trittico”. Personalmente non condivido la scelta, ma naturalmente poco importa la semplice disposizione dato il peso interpretativo. Nel CD si prosegue la carrellata di famosi brani debussiani con un salto indietro al 1894 per ascoltare una delle pagine più importanti nella prima evoluzione del pensiero del compositore francese, il Prélude à l’après-midi d’un faune, per concludere con il celebre La Mer.
La cura dell’esecuzione è notevole: Bernstein, da sempre, si era distinto per una notevole libertà e variabilità della dimensione ritmica, approdando, negli ultimi anni della sua brillante carriera, ad esiti veramente notevoli, con un controllo dell’orchestra di tipo pianistico; in queste pagine Bernstein ricerca un virtuosismo timbrico e ritmico di grande effetto, con un’estenuazione del tempo che si avvia verso la sospensione e l’immobilità di alcuni momenti e con una attentissima gradazione timbrica che si riflette e si interscambia nelle scelte del tactus. C’è da dire che non si tratta mai di un virtuosismo fine a stesso: anche se, rispetto ad altre interpretazioni come quelle più strutturalistiche di Pierre Boulez o più incisive di Toscanini, sembra che Bernstein spesso si compiaccia delle sue scelte, in realtà l’opzione interpretativa si rivolge alla ricreazione di un simbolismo sensuale estenuato nella ricerca delle segrete corrispondenze del libro della natura.
Da quel primo acquisto naturalmente è passato del tempo, gli studi, le scelte, gli approfondimenti sono andati avanti e anche la collezione si è arricchita; non ho tenuto conto ovviamente di tutto ciò che è entrato, ma per un occasionale conteggio si presentò anni fa il cinquecentesimo acquisto, che si concretizzò con una novità (per allora) discografica: la prima incisione assoluta di …explosante-fixe… di Pierre Boulez, a testimonianza, ovviamente, di orizzonti musicali che si andavano espandendo alla conoscenza del repertorio della musica contemporanea. Il brano “di copertina” è relegato alla fine del CD ed è preceduto da brani più “storici” del compositore francese: le Douze notations per pianoforte del 1948 e le Structures per due pianoforti del 1957; Pierre-Laurent Aimard e Florent Boffard si confermano pianisti specialisti nel districare i serialismi integrali del giovane strutturalista. …explosante-fixe… è l’esempio di una continua evoluzione del pensiero compositivo del francese, soprattutto nella versione proposta nel CD, cioè quella del 1992-93 che ammoderna l’apparato tecnico con l’introduzione del live electronics che sicuramente realizza una migliore integrazione dei materiali sonori creati dagli strumenti tradizionali con l’elemento informatico.
Oggi il conto si è perso… ma spero di mantenere (e comunicare) l’emozione di scoprire attraverso l’ascolto i sogni di bellezza e i labirintici percorsi di ricerca che la mente umana estrinseca nella creazione musicale.