Cercando informazioni su una tematica che volevo approfondire (ebbene sì, esiste anche il web come fonte di ricerca oltre che come social), come spesso capita, mi sono imbattuto in qualcosa di non del tutto pertinente ma senz’altro di realmente interessante: un articolo di Andrea Grillo, docente di Teologia dei sacramenti e Filosofia della Religione a Roma, presso il Pontificio Ateneo S. Anselmo e Liturgia a Padova, presso l’Abbazia di Santa Giustina, dal titolo Il segreto dei “sermoni” di Francesco. La forma inquieta dei discorsi e la loro “orationis ratio”.
L’autore, prendendo spunto da un discorso del Pontefice del 10 novembre 2015 (l’articolo è del giorno dopo) tenuto a S. Maria del Fiore a Firenze, analizza le peculiarità di punti di forza certamente non casuali della retorica del Papa.
La gretta ironia di tanti utenti social e la strumentalizzazione, sia in positivo che in negativo, della stampa bollano troppo spesso con estrema superficialità le parole di Francesco, o peggio estrapolano per secondi fini singole porzioni di ben più ampie architetture che si celano sotto una comunicativa che fa dell’apparente semplicità la sua efficacia.
Per tantissimi, cattolici e non, sono pressoché irresistibili la simpatia e la carica umana che si sprigionano da questa figura che già dai suoi esordi si è imposta all’attenzione mondiale, diventando un modello di riferimento grazie soprattutto al fatto di unire alle parole i fatti, e fatti di inconfutabile concretezza.
Il prof. Grillo, però, offre qualche ulteriore spunto di approfondimento, proprio da un punto di vista squisitamente retorico, mostrando come ci sia una rigorosa struttura dietro quell’apparente semplicità, una capacità di creare un «intreccio raffinato tra “testo biblico”, “lettura sapienziale” e “associazioni inattese”, che spesso attingono al “senso comune”». L’associazione inattesa di quel 10 novembre 2015, ad esempio, fu quella sequenza fra santità reale di Francesco d’Assisi e Filippo Neri e schietta pastorale di una figura inventata quale il don Camillo, a tutti noto con il volto di Fernandel, ma citato dal Papa con il “volto”, quello originale, delle parole di Guareschi.
E a questi intrecci fanno corona cambi di soggetti, vere e proprie sceneggiature, ironie e “casi seri”, tutto un armamentario retorico, insomma, che farebbe pensare a una logografia segreta, a ghost writers che affianchino il Pontefice; sono invece incisive le ultime frasi che chiudono l’articolo del prof. Grillo che, rivendicando l’originalità del materiale, indaga invece in breve sulle ragioni ultime di questa grande abilità, parole che vale la pena di riportare integralmente:
Per concludere questa breve rassegna di osservazioni su un “fenomeno” come quello dei discorsi di Francesco, non bisognerebbe mai dimenticare che questa “perizia retorica” deriva da un interesse molto antico e molto coltivato da J. M. Bergoglio. Come potrebbe oggi costruire discorsi così potenti se non si fosse messo, già da giovane, alla scuola dei grandi romanzieri della letteratura spagnola, italiana, russa; se non avesse guardato con interesse il grande cinema italiano; e se non avesse, come giovane professore, invitato nel suo liceo J. L.Borges, il grande poeta argentino, a tenere corsi di “scrittura creativa”? In questi discorsi “ufficiali” risuona la libertà della poesia di Borges, il neorealismo del cinema italiano, la forza della grande letteratura europea e americana del XIX e XX secolo.
Personalmente mi trovo pienamente d’accordo con questa linea interpretativa, aggiungendo che Papa Francesco è una dimostrazione di come l’assimilazione profonda della cultura umanistica, in qualunque settore dell’arte, della retorica, della letteratura, porti a un’espressione sintetica che mette insieme, quasi misteriosamente, tutti i pezzi del puzzle, tutte le tessere del mosaico in un esito personale e originale, perfettamente organizzato e di grande forza; non è questione di tecnica o pianificazione: noi analizziamo una forma che si mostra nella sua interezza, ritrovandone le motivazioni e i collegamenti, che nei casi più alti, come questo, semplicemente appaiono, e la cui costruzione è il frutto di intuizione.
Per chi volesse leggere integralmente l’articolo, eccone il link:
Andrea Amici, 29 luglio 2017