Originalità e unicità dell’Incompiuta
La Sinfonia in si minore è forse l’opera sinfonica più originale di Schubert, un esempio di un linguaggio perfettamente cosciente dei propri mezzi e delle proprie possibilità e perfettamente autonomo, capace di dare vita ad un organismo musicale pienamente maturo ed originale.
In questa sinfonia confluiscono infatti tutti gli elementi di originalità tipici dello Schubert liederista, le caratteristiche di duttilità e cantabilità della melodia, la capacità pressoché inesauribile di far fluire il discorso musicale non solo attraverso la proliferazione delle idee melodiche, spesso sottilmente collegate tra loro non tanto dalla comunanza di materiali ma dall’unità emotiva che ne è alla base, ma anche dalla cornice, sempre variegata e sensibile, che racchiude questa continua invenzione melodica.
Queste caratteristiche, che si manifestano già in maniera del tutto originale nelle miniature deilieder, in cui traggono vita dal rapporto osmotico con il testo poetico, divengono assolutamente geniali nella Sinfonia Incompiuta, perché riescono a vivere di vita propria all’interno di una costruzione musicale pura, nella quale idee di natura tipicamente liederistica si fondono con elementi – più adatti ad un trattamento di tipo sinfonico – di natura strettamente più motivica, che però condividono con le prime l’atmosfera espressiva e la sostanziale identità di ispirazione di fondo.
Anche nei tratti più sinfonicamente tradizionali della sezione di sviluppo del primo movimento, dove vengono apparentemente utilizzati i mezzi tipici di conduzione di uno sviluppo sonatistico, Schubert riesce comunque ad infondere una vita nuova nei mezzi tradizionali e a mantenere una consequenzialità delle idee musicali e degli episodi che si configura nettamente diversa da quella della tradizione sinfonica a lui precedente; il flusso musicale ha una coerenza, infatti, che non deriva dalla logicità dello sviluppo di materiali di base spesso costituiti da cellule minime, sia essa di stampo illuministico, come in Haydn, o caratterizzata da una irrefrenabile, vitale ed inevitabile invenzione come in Mozart, oppure derivata da una precisa forza etica, come in Beethoven; la sensazione di inevitabilità, e quindi di perfezione formale, originata nell’ascoltatore dall’Incompiuta, nella quale, si può dire, ogni idea musicale ha il suo giusto posto ed il suo esatto momento, è raggiunta da Schubert mediante una coerenza emotiva di fondo.
Ogni idea dell’Incompiuta affonda le sue radici non tanto in una necessità strutturale ma in un profondo abisso esistenziale in cui i fermenti della filosofia e della sensibilità romantica stanno poco a poco spostando il centro dell’attenzione del compositore dalla macrostruttura unitaria, che informa di sé ogni singolo particolare, al particolare, spesso frutto di un particolare stato emozionale che mano mano conduce ad una poetica sempre più frammentata.
Schubert si trova però in un momento di passaggio: istintivamente è vicino alle linea patetico-soggettiva di una parte della sensibilità romantica, quella dell’idealismo più irrazionale e vagamente misticheggiante (e non quella quindi hegeliana), ma è ancora permeato di una tradizione in cui l’organicità del tutto ha ancora un suo peso specifico ben definito, come d’altra parte dimostrano le altre sinfonie. Nell’Incompiuta, unica nelle sue sinfonie, Schubert riesce ad operare una perfetta sintesi tra le sue istanze e quelle del sinfonismo classico-sonatistico, realizzando una forma musicale poeticamente viva, in senso romantico, ma anche classicamente equilibrata.
La coesione musicale è ottenuta diversamente nel primo e nel secondo movimento. Il primo infatti, vibrante nelle sue due componenti tematiche – che si configurano come delle vere e proprie isole all’interno del movimento, soprattutto il secondo nella sua cantabilità liederistica –, trova il suo elemento coesivo nel tema introduttivo (miss. 1-8) che, perfettamente collegato emotivamente al vero e proprio primo gruppo tematico (miss. 9 e ss.), è l’elemento portante dello sviluppo e di tutta la struttura in forma-sonata. Il secondo movimento, invece, pur ricalcando una classica forma da secondo movimento ABAB, trova il suo elemento coesivo in una continua espansione e contrazione di un medesimo flusso melodico, che sottintende una ispirazione romantica profonda, intimistica ma spesso vertiginosa, non priva di accensioni tragiche.
Non si può infine, nel tratteggiare a grandi linee gli elementi originali di questa sinfonia, tacere della importanza che riveste l’aspetto timbrico, che partecipa efficacemente della intrinseca vita di ogni momento musicale, tentando, all’interno di una strumentazione classica, un allargamento in senso espressivo delle potenzialità timbriche degli strumenti.
Pur nella sua incompletezza, questa sinfonia di Schubert compie un affascinante percorso spirituale, aprendo una nuova dimensione al sinfonismo, non più legato ad una logica che si dipana in linea retta, ma in una forma che comincia a rifrangersi in più direzioni, divenendo sempre più inafferrabile e meno certa. I temi, soprattutto nel primo movimento, divengono delle isole piuttosto che delle cellule germinatrici, mentre un elemento solo diventa spesso l’unico tramite con la logica di uno sviluppo sinfonico, sviluppo che, comunque, si frammenta in episodi che si giustappongono per necessità più drammatiche che di naturale evoluzione del materiale musicale.
La sinfonia, con il mirabile apporto dell’Incompiuta, non rimane più l’estrinsecazione di una logica costruttiva, di un kosmos, ma una sorta di mondo spirituale – e qui mi sembra plausibile un paragone con le istanze di interiorizzazione della realtà tipiche dell’idealismo irrazionale romantico tedesco – che può essere contemplato da vari punti di vista e che in sé ingloba tutta l’esperienza umana, senza un ordine prestabilito, ma nella compresenza delle più varie situazioni spirituali. Senza l’Incompiuta difficilmente si sarebbero aperte quelle strade che avrebbero portato così lontano la sinfonia dal modello classico viennese, come avvenne nell’esperienza compositiva di Bruckner o Mahler.
La genesi della Sinfonia
Il progetto di una sinfonia in si minore fu iniziato a Vienna alla fine dell’ottobre del 1822, quando Schubert si propose di destinare una composizione sinfonica di vasto respiro al «Musikverein für Steiermark» di Graz, che lo aveva nominato socio onorario.
Per motivi non chiari il compositore abbandonò la composizione dopo aver completato in modo definitivo i primi due movimenti – unAllegro moderato in si minore ed un Andante con moto in mi maggiore – e dopo aver abbozzato un terzo movimento – uno Scherzoin si minore – del quale rimangono uno schizzo per pianoforte di 128 misure e la strumentazione delle prime 20.
L’opera, comunque, non fu mai eseguita mentre Schubert era ancora in vita e fu ritrovata dal direttore d’orchestra Johann von Herbeck a Graz nel 1865, in casa del compositore Anselm Hüttenbrenner, amico di Schubert, che ne aveva approntato una riduzione per pianoforte a quattro mani. Fu lo stesso Herbeck a curarne la prima esecuzione, dirigendola nella Musikvereinsaal di Vienna il 17 dicembre 1865 e utilizzando come movimento finale quello della Terza Sinfonia in re maggiore D.200.
Nonostante i vari tentativi di completamento della sinfonia da parte di vari musicologi, tra i quali è originale quello di Brian Newbould che propose come IV movimento un’entr’acte in si minore tratto dall’opera Rosamunde, oggi la Sinfonia Incompiuta, catalogata da Otto Einrich Deutsch con il numero D.759, viene sempre eseguita nei suoi due soli movimenti completati interamente da Schubert.
Come si è accennato, i motivi per i quali la sinfonia non fu portata a termine non sono chiari. In realtà era tipico dell’atteggiamento di Schubert nei confronti della composizione sinfonica l’intraprendere la realizzazione di un lavoro che poi veniva spesso accantonato; il compositore austriaco, infatti, iniziò almeno tredici progetti di sinfonie, portandone a definitivo compimento soltanto sette e questo fatto spiega anche il motivo della confusione che in passato si creava con la numerazione delle sinfonie.
Per un compositore di area viennese, d’altra parte, era in un certo senso “normale” il desiderio di volersi confrontare con un genere come la sinfonia che aveva avuto proprio Vienna come centro di sviluppo e di culmine con le opere di Haydn, Mozart e Beethoven; è quindi altrettanto normale che anche Schubert cominciasse sin dal 1813, all’età di soli sedici anni, quando ancora era studente allo Stadtkonvikt, a scrivere la sua prima sinfonia (D.82).
Con il progressivo sviluppo dei tratti tipici della sua personalità artistica, riflessa principalmente nell’evoluzione della produzione liederistica, Schubert andò via via affrancandosi, nella scrittura sinfonica, dall’influenza diretta dei tre grandi predecessori, cercando di disegnare un proprio percorso e di aprirsi un proprio spazio nella storia del sinfonismo – pur restando inscritto in una tradizione ben precisa – e introducendo anche nelle sinfonie i tratti più originali delle sue composizioni cameristiche. Diversamente da queste ultime, però, le sinfonie di Schubert non nascevano quasi mai da commissioni e pertanto hanno prevalentemente il carattere di esperimenti; di conseguenza, se da una parte esse manifestano, soprattutto in alcuni esiti, tratti di fortissima originalità proprio perché svincolate da necessità pratiche, dall’altra però erano costantemente destinate ad uno stato di precarietà dal compositore che ne rimandava spesso il completamento, minato da una salute sempre malferma e pressato da commissioni e da necessità più pratiche di realizzazioni musicali più concretamente eseguibili nell’ambito di complessi strumentali più piccoli.
È un caso singolare che proprio la sua sinfonia più originale e più geniale – quella in si minore che sarebbe diventata, con il sottotitolo di Incompiuta, anche la più eseguita fra le sinfonie schubertiane – sia stata accantonata e lasciata praticamente a metà, visto che evidentemente il compositore voleva farne una classica composizione in quattro tempi. È anche probabile, comunque, che Schubert non abbia di proposito completato la sinfonia, non quindi per motivi pratici, ma proprio perché perfettamente cosciente della originalità della sua creatura alla quale forse non sentiva la necessità di aggiungere altri due movimenti, che magari sentiva inadeguati ai primi o superflui, solo perché pressato da un imperativo formale.
Lettura della Sinfonia
Il Primo Movimento
Prima parte: Esposizione
Isole e frammenti episodici coesi da un unico elemento che circola lungo tutto l’arco del movimento: così può tratteggiarsi, a grandi linee, il primo movimento.
Si tratta di un Allegro moderato, nella tonalità di si minore, strutturato, almeno nelle apparenze esteriori, secondo i dettami della forma-sonata. Lo schema formale, infatti, è classicamente diviso in tre grandi macrosezioni – esposizione, sviluppo e ripresa – con l’alternanza di due temi proposti, nell’esposizione, nella tonalità d’impianto il primo e nel tono del sesto grado (sol magg.) il secondo, nella ripresa il primo sempre nel tono d’impianto e nel tono del relativo maggiore il secondo. La sostanziale differenza, però, con la forma-sonata classica è che, nel primo movimento dell’Incompiuta, i due temi non vengono assolutamente sottoposti ad un principio di sviluppo in nessuna sezione. Appaiono, appunto, come due isole, come sospesi e forniscono solo qualche elemento marginale allo sviluppo, che viene invece interamente condotto sulla base delle otto misure dell’introduzione.
L’esposizione si apre, pertanto, con un piccolo tema introduttivo (miss.1-9), affidato a violoncelli e contrabbassi all’ottava in pianissimo.
L’effetto è estremamente singolare, poiché la sinfonia sembra nascere dal silenzio e rimanda immediatamente a un’atmosfera carica di mistero. Alla nona misura ha inizio il vero e proprio primo gruppo tematico che si dispone essenzialmente su tre strati sonori:
- al basso una pulsazione ritmica data dal pizzicato di viole, violoncelli e contrabbassi:
- al registro medio da un motivo ribattuto di violini I e II:
- all’acuto da una melodia affidata ai fiati:
Il terzo periodo, in realtà, dà l’impressione di una falsa partenza, di un movimento che tenta di sollevarsi dalla più oscura regione minore dei periodi precedenti, ma che viene inesorabilmente tranciato da due secchi accordi sforzati di tutti i fiati.
Quando, con il quarto periodo, il movimento riprende dal re maggiore, il percorso è questa volta più lungo, ma viene ugualmente riportato al si minore con dei massicci accordi di archi ed ottoni che hanno un ritmo binario su una scansione ternaria:
Un brevissimo ponte di sole quattro misure (38-41), estremamente scarne, affidate a corni e fagotti all’unisono nelle prime tre misure e poi divisi negli ultimi due quarti della misura 41 per preparare e formare l’accordo di dominante del tono di sol maggiore, conduce all’avvio del secondo gruppo tematico.
La prima sezione (miss.42-61) è composta da una melodia portante, affidata prima ai violoncelli e poi ripetuta da violini primi e secondi all’ottava, accompagnata al basso da un pizzicato dei contrabbassi e da un motivo sincopato affidato a viole e clarinetti, ai quali si aggiungono poi fagotti e corni, che sarà uno dei pochissimi elementi appartenenti ai due gruppi tematici che faranno parte dello sviluppo. La melodia di questa prima parte ha un carattere tipicamente liederistico e un vago sapore popolare.
Il flusso melodico viene interrotto improvvisamente alla misura 62 da una pausa generale, una misura completamente vuota che giunge come un elemento assolutamente inaspettato e imprevedibile, dato l’andamento del tema fino a questo momento; è un momento carico di una grande forza drammatica, accresciuta dalla ripresa, alla misura successiva (che dà l’avvio alla seconda sezione del II gruppo tematico), del discorso musicale che si sposta sul tono di sol minore (IV grado -> I -> VI) e con un accordo diminuito si sposta ancora verso il tono di re minore, da cui prende l’avvio la terza sezione (miss.73-84), che si configura come un piccolo sviluppo motivico di una cellula tratta dalla melodia della prima sezione.
Una quarta sezione (miss.85-92) ha il compito di ristabilire pienamente l’equilibrio armonico e di riportare stabilmente l’armonia sul tono da cui era partito il secondo gruppo tematico (sol magg.) mediante degli accordi a piena orchestra.
Prende così l’avvio l’ultima sezione, la quinta, del secondo gruppo tematico (miss.93-104), in cui si riprende la melodia della prima sezione che viene trattata in una stretta imitazione a tre parti, ripetuta due volte.
Una breve codetta, con una risoluzione alternativa alla misura 110, ritornella l’esposizione e poi dà l’avvio alla sezione di sviluppo. È interessante notare che, a quanto pare, nelle carte originali di Schubert le misure 104-110 si svolgono interamente su un pedale di si e che quindi il bicordo dei fagotti do diesis – la diesis alla misura 109 dovrebbe essere una correzione di un copista o di Johannes Brahms, che fu uno dei primi curatori dell’edizione della sinfonia, mentre Schubert avrebbe lasciato un’ottava si-si procurando una dissonanza con il la diesis di flauto e oboe e con il do diesis pizzicato dagli archi, dissonanza che non sarebbe una novità in Schubert, dato che ne fece largo uso, ad esempio, nell’opera Fierrabras.
Seconda parte: Sviluppo
Lo sviluppo si presenta quasi esclusivamente come un’elaborazione del tema introduttivo, condotto su un tessuto musicale nel quale si dispongono numerosi riferimenti a cellule costitutive tratte dai materiali musicali dell’esposizione.
Nel primo episodio (miss.114-121) il tema introduttivo viene riproposto nella tonalità di mi minore e fatto naufragare verso il registro più estremo al basso di violoncelli e contrabbassi, e viene subito imitato in una progressione ascendente da violini primi e secondi e viole raddoppiate dai fagotti (secondo episodio, miss.122-133).
primo episodio |
secondo episodio |
Questa imitazione non ha assolutamente il tipico carattere didivertimento, proprio di uno sviluppo sonatistico, con scopi esclusivamente modulanti (da durchführung), ma ha anzi uno scopo puramente emotivo e drammatico, accumulando una tensione che sfocia in un nuovo episodio, il terzo (miss.134-145), in cui viene ripetuto con insistenza e in maniera inesorabile la testa del tema introduttivo per moto retto al tenore (violoncelli e corni) e per moto contrario all’acuto (violini primi e secondi raddoppiati da oboi e flauti) in un crescendo che diviene quasi insostenibile, fino all’avvio del quarto episodio (miss.146-169) realizzato dalla ripetizione per tre volte (in tono diverso) di un periodo di otto misure diviso in due parti (4+4 misure): la prima, dal fortissimo verso il piano, ricorda vagamente l’avvio della seconda sezione del secondo gruppo tematico, mentre la seconda unisce il motivo d’accompagnamento sincopato della prima sezione del secondo gruppo tematico con il pizzicato in ottave degli archi, come era presente nella codetta dell’esposizione.
Il quarto episodio ha un carattere di sospensione, un momento in cui la dinamica tende a comprimersi verso il basso, preparando la perentoria riaffermazione in fortissimo del tema introduttivo all’unisono e a piena orchestra nel quinto episodio (miss.170-175), nella tonalità di mi minore, che era stata quella d’avvio dell’intero sviluppo. Sempre dalla stessa tonalità prende l’avvio il sesto episodio (miss.176-183) che sviluppa in maniera più tradizionale la testa del tema introduttivo, mediante una imitazione tra archi gravi, raddoppiati dai tromboni, e legni, mentre i violini e le viole riprendono il movimento in semicrome che aveva fornito lo strato centrale del primo tema, ma non con note ribattute e con una dinamica più accentuata. L’episodio si divide nettamente in due parti (4+4 misure) e conduce l’armonia da mi minore a si minore nella prima parte e da si minore a fa diesis minore nella seconda.
La forza drammatica di questo episodio dà l’avvio alle fasi conclusive dello sviluppo, creando un crescendo di tensione che, divenendo sempre più insostenibile attraverso il settimo e l’ottavo episodio, culmina nel solare re maggiore del nono, oscurandosi totalmente nel decimo e ultimo episodio che conclude lo sviluppo in un’atmosfera simile alla codetta dell’esposizione.
Guardando più in dettaglio, si nota come il settimo episodio (miss.183-193) operi una più stretta imitazione della zona centrale del tema introduttivo tra il basso e l’acuto, supportata da un’incessante pulsazione basata su una cellula ritmica croma puntata + semicroma; l’ottavo episodio (miss.194-201) ripropone la testa del tema per moto contrario con una dinamica che dalla sforzato iniziale scende verso il pianissimo per crescere in due sole misure e riportarsi al fortissimo per sfociare nel nono episodio (miss.201-208) nel quale due frasi di quattro misure ciascuna realizzano un vero e proprio chiaroscuro tra la solarità della prima semifrase in re maggiore a piena orchestra e in fortissimo e l’improvviso spostamento nella seconda semifrase verso la dominante di si minore in piano nel registro grave degli archi all’ottava e con la sonorità più scura di clarinetti, fagotti e corni. L’ultimo episodio, ildecimo (miss.209-217), riporta l’atmosfera a quella iniziale, permettendo così un coerente passaggio alla sezione successiva.
Terza parte: Ripresa
La ripresa non presenta sostanziali diversificazioni rispetto all’esposizione; i temi ritornano nella loro veste originale, anche perché, in realtà, non sono stati sottoposti a un vero e proprio sviluppo e quindi la ripresa non deve in nessun senso “tirare le somme” di quanto avvenuto nell’arco dell’intero movimento.
Solo il primo gruppo tematico viene sottoposto ad alcune modifiche e ampliamenti (miss.229-237), necessarie per il cambio di tonalità del secondo – da sol maggiore a re maggiore – data praticamente l’assenza di un vero e proprio ponte modulante.
Il secondo gruppo tematico, invece, viene riproposto integralmente, soltanto in una tonalità diversa. Anche la veste timbrica rimane praticamente identica.
La coda si svolge anch’essa sul tema dell’introduzione e anzi è riassuntiva dei procedimenti imitativi e del clima teso dello sviluppo. Si svolge prevalentemente in sei piccole parti:
- ripresentazione del tema introduttivo nella tonalità di si minore negli archi gravi con clausola cadenzante ai fiati (miss.328-335);
- imitazione della testa del tema dell’introduzione tra gli archi gravi e quelli acuti, con introduzione di un piccolo elemento basato su una seconda maggiore discendente esposto da viole, fagotti e clarinetti (miss.336-343);
- elaborazione, con intensificazione dinamica e drammatica, dell’elemento suddetto (miss.344-347);
- moto contrario tra sezioni acute (ascendenti) e gravi (discendenti) dell’orchestra sull’accordo di tonica (si minore) e cadenza composta in fortissimo a piena orchestra (miss.348-351);
- cadenza plagale basata sempre sulla testa del tema dell’introduzione, ripetuta tre volte, prima in pianissimo dai fiati e poi a tutta orchestra con un incremento dinamico e ancora in pianissimo dagli archi gravi sostenuti armonicamente dai fiati più gravi (miss.352-363);
- ultimo movimento cadenzante su strappate pesanti dell’intera orchestra sul primo tempo di ogni misura e conclusione sull’accordo di tonica con baricentro spostato verso il grave (miss.364-368).
Secondo Movimento
Il Secondo Movimento dell’Incompiuta, L’Andante con moto in tre ottavi, si presenta come una forma A B A B′ + coda, nella tonalità fondamentale di mi maggiore.
La sezione A (miss.1-60) è tripartita, secondo lo schema a – b – a′.
La prima parte (a, miss.1-31) è costituita dall’ alternanza di tre elementi principali:
- 1) Un elemento a corale esposto dai fiati ed accompagnato dal pizzicato degli archi gravi (contrabbassi o violoncelli)
- 2) un elemento più melodico, esposto dagli archi
- 3) un elemento conclusivo in semicrome (dalla mis.29)
La parte b (miss.32-44), dinamicamente più incisiva, vede gli archi in ottave che espongono, nel forte, un elemento melodico nuovo, mentre i fiati espongono omoritmicamente uno sviluppo melodico dell’elemento 1 della parte a.
La parte a′ (miss.49-60), invece, è una ripetizione apparentemente più disordinata e casuale degli elementi della parte a, in cui viene privilegiato però l’elemento in semicrome. La sezione si conclude con la riproposizione integrale dell’elemento a 1, come era esposto nelle misure iniziali del movimento.
Come si è può notare la sezione A è in generale caratterizzata da un continuo procedimento di contrazione ed espansione del materiale costitutivo e soprattutto degli impasti timbrici e dell’organico strumentale. Si ha infatti una continua alternanza tra archi e fiati nella prima parte e, considerando l’intera sezione, tra singoli gruppi orchestrali e il tutti della parte centrale.
Una semplice nota tenuta dai violini I che salta d’ottava e scende di una terza maggiore costituisce il raccordo (miss.201-204) tra la sezione A e la sezione B del movimento (miss.64-141). Anche questa è tripartita, secondo lo stesso schema della prima sezione, con una parte centrale, dinamicamente più accentuata, racchiusa tra due momenti estremamente lirici, di cui l’ultimo è una variazione del primo.
La prima parte, caratterizzata da una dinamica quasi esclusivamente in pianissimo, presenta una lunga melodia esposta prima dal clarinetto e poi ripresa dall’oboe che, alla fine, dialoga con il flauto; questa melodia, estremamente intimistica e ricca di sehnsuchtromantica, è supportata da un discreto accompagnamento sincopato degli archi; l’armonia diviene più instabile: dal relativo minore del tono d’impianto (do diesis minore) si sposta progressivamente al fa diesis minore, al re maggiore che subito diviene minore, al fa maggiore, ancora a re minore, rimanendo sospesa alla misura 78 su di un accordo di sesta eccedente che la riporta al do diesis maggiore, che enarmonicamente diviene re bemolle maggiore, nel punto in cui il clarinetto cede il canto all’oboe.
All’atmosfera di questo episodio fa da contrasto la parte centrale della sezione, dal carattere più tragico, ricordando certi momenti più intensi che Schubert aveva raggiunto nella sua Quarta Sinfonia. Per due volte si ripete un periodo (miss.96-102) in cui al basso viene proposta la stessa melodia che era stata esposta dal clarinetto nella prima parte della sezione, mentre all’acuto gli archi propongono un disegno melodico accentuato dalla legatura dell’ultimo tempo della misura con il primo della successiva. Nella seconda ripetizione (miss.103-110) si aggiunge una sorta di “moto perpetuo”, un disegno insistito in trentaduesimi affidato a violini II, viole ed oboi, che accresce la tensione fino allo stemperamento sul più solare re maggiore, alla misura 111, dove prende l’avvio la terza parte.
Questa riprende (miss.111-137) l’accompagnamento sincopato agli archi che si era notato nella prima parte e propone una imitazione, più ritmica che letterale, tra violoncelli e contrabbassi da una parte e violini I dall’altra. La melodia esposta dagli archi gravi altro non è se non la testa della melodia che nella parte iniziale della sezione era esposta dal clarinetto, solo che adesso ai semplici intervalli di terza vengono aggiunte due note di volta in semicrome alla fine di ogni semifrase.
È di particolare rilievo il progressivo evaporare della dinamica che va sempre più assottigliandosi sul finire della sezione (miss.130-141), fino ad assottigliarsi e fluire nella riproposizione della sezione A: ad una prima imitazione (miss.130-133) tra flauto e oboe da una parte e dall’altra fagotto e corno, sostenuti dall’accompagnamento sincopato degli archi, subentra una imitazione ritmica tra il solo corno e il flauto, mentre il movimento sincopato è ristretto ai soli archi gravi che si fermano su accordi tenuti mentre il corno, con un semplice intervallo di ottava, riporta alla ripresa della sezione A, che viene riproposta esattamente come all’inizio del brano (miss.142-201).
La sezione B viene invece riproposta a partire dalla tonalità di la minore e subisce qualche piccola variante timbrica, con lo scambio nell’ordine degli a solo tra oboe e clarinetto; viene inoltre privata della terza parte, mentre una ripetizione delle ultime due misure della seconda parte conduce ad una piccola coda, che chiude il movimento e tutto ciò che ci rimane dell’Incompiuta.
In quest’ultima parte Schubert riprende prima di tutto (miss.157-167) la terza parte (a’) della sezione A, privandola delle prime misure, poi (miss.168-179) fa esporre, allungandolo, l’elemento iniziale del movimento, prima ai legni acuti (flauti e oboi) e poi ai corni e ai fagotti, accompagnati dal pizzicato grave degli archi, come, appunto, all’inizio del movimento. Infine, dopo aver raccordato altre due frammentarie esposizioni dello stesso motivo iniziale mediante un solo dei violini primi che ricorda il passaggio tra la sezione A e B (miss.180-196), propone per l’ultima l’elemento in semicrome (miss.199-207) e chiude l’intero movimento con un adattamento statico del motivo iniziale della sezione A sull’accordo di tonica prolungato per le cinque misure finali.
Il testo dell’analisi musicale della Sinfonia Incompiuta di Schubert è stato scritto da Andrea Amici durante il periodo di studi di direzione d’orchestra al Conservatorio “V.Bellini” di Palermo. Gli esempi musicali riportati sono tratti dalle edizioni disponibili sul sito dell’International Music Score Library Project (IMSLP). Per motivi di chiarezza e per facilitare la lettura alternativamente è stata scelta la partitura originale per orchestra oppure la riduzione per pianoforte.