La Sinfonia Turangalîla fu composta da Olivier Messiaen a partire dal 1945, quando questi ricevette la commissione per una composizione sinfonica dal celebre direttore Serge Koussevitzky per la Boston Symphony Orchestra. Il titolo è una parola sanscrita composta da turanga, il tempo che scorre velocemente, e lila, la creazione che riempie il tempo; turangalîla è però anche in sanscrito una figura ritmica formata da quattro elementi, due dispari e due pari (3-3-2-2) che in totale danno il numero dieci, un nome femminile e un canto d’amore popolare: una polisemia che trova innumerevoli voci, simboli e significati nella complessa partitura di Messiaen.
Divisa in dieci movimenti (come il numero della figura ritmica sanscrita), con una durata di circa un’ora e mezza, la Sinfonia è da intendersi come un grande canto d’amore o canto all’amore, inteso come sentimento e forza che trascende la stessa esistenza umana nella sua dimensione cosmica e religiosa; per questo è spesso associata al mito wagneriano di Tristano, sebbene un’interessante testimonianza raccolta da Sergio Sablich direttamente dalla voce dell’autore sposti completamente (e giustamente) l’asse dell’interpretazione verso la dimensione religiosa che ingloba tutta l’arte di Messiaen e la sua concezione dell’universo: «Per me l’amore, che trascende il nostro pianeta ed è cosmico, non conduce alla morte, ma alla vita, alla luce, alla scoperta del valore di tutte le cose. Come il canto degli uccelli, la voce dell’anima e della natura. Come l’organo della Trinità. Forse, più che Tristano, Parsifal…». (Sergio Sablich, Il Cantico del Creatore, http://www.sergiosablich.org/dettaglio.asp?L1=55&L2=228&L3=234&c=13&id_inf=759)
A comporre questo grandioso canto e inno all’amore contemporaneamente divino e umano, in quanto per Messiaen ogni amore proviene cristianamente da Dio, intervengono tutte le caratteristiche della musica del compositore francese: modi a trasposizione limitata, ritmi non retrogradabili, canti degli uccelli, personaggi ritmici, imponenti agglomerati armonici, testure che si assottigliano fino alla trasparenza, e anche una peculiare e originalissima orchestrazione che fa proprie suggestioni orientali che coesistono con la tradizionale compagine sinfonica, il pianoforte e le onde Martenot che hanno un ruolo di solisti, nonché alcuni occasionali riferimenti alla musica afroamericana.
Koussevitzky affidò la premiere della Sinfonia Turangalîla alla bacchetta del giovane ed emergente trentunenne Leonard Bernstein; al concerto, il 2 dicembre del 1949, Koussevitzky si espresse in maniera assolutamente entusiastica nei confronti del lavoro di Messiaen (“Today will be a big day in music“), avvisando il pubblico che si sarebbe trovato di fronte a un grande capolavoro di calibro, impatto e potenza paragonabili a Le Sacre du Printemps di Stravinsky, una nuova pietra miliare nella storia della musica: «I cannot say much because I haven’t studied profoundly the score, but my opinion is this symphony, after Le Sacre du Printemps, is the greatest composition composed in our century» (Turangalila Premiere, dal sito della Philharmonia Orchestra http://www.philharmonia.co.uk/messiaen/music/turangalila_boston.html).
Bernstein, invece, sebbene avesse curato con la massima professionalità e il massimo impegno l’esecuzione, rimase probabilmente abbastanza freddo nei confronti dell’imponente e sterminata partitura francese. A tal proposito si riferisce una definizione della sinfonia come “the Messiaen Monster“, spesso riferita a Bernstein stesso, ma in realtà scritta da Aaron Copland in una lettera a Irving Fine, nella quale si dice che mentre Koussevitzky era assolutamente “pazzo” per la Turangalîla, Bernstein era “freddo, a dispetto di una brillante prova nella direzione“: «The Messiaen Monster produced various reactions – more illuminating as to the person reacting than as to the piece itself. Kouss was mad for it; L.B. cold, in spite of a brilliant job of conducting.» (Philip Ramey, Irving Fine – An American Composer in His Time – Lives in Music, pag. 126).
Un preziosissimo documento sonoro relativo alla prima della Sinfonia Turangalila si trova nell’album “Leonard Bernstein – Historical Recordings 1941-1961“, disponibile anche su Spotify all’indirizzo https://open.spotify.com/album/275ZplKHUg8HJvWjBB9Uyc. Si tratta di un estratto delle prove, precedute dal discorso introduttivo di Serge Koussevitzky.
Il giovane Bernstein si dimostra perfettamente padrone dell’innovativa partitura e perfettamente a suo agio nella concertazione; è un vero peccato che non esista in commercio un’incisione del concerto completo.
* * *
Un altro importante evento accadde proprio nello stesso anno 1949: l’8 aprile, otto mesi prima della premiere della Sinfonia di Messiaen, Koussevitzky aveva diretto la Boston Symphony Orchestra nella prima esecuzione della Sinfonia n.2 “The Age of Anxiety“, di Leonard Bernstein, con l’autore al pianoforte, brano che lo stesso Koussevitzky aveva commissionato al suo giovane e geniale “protetto”, dimostrando di credere molto anche nelle doti di compositore del giovane Lenny e non solo nelle sue evidenti qualità di direttore d’orchestra.
Grazie a Koussevitzy, quindi, due sinfonie erano state realizzate e presentate al pubblico lo stesso anno, due brani esteriormente molto diversi fra loro, ma entrambi con una grande ricchezza in comune.
La Sinfonia n.2, anch’essa per pianoforte e orchestra, è ispirata al poema di W. H. Auden “The Age of Anxiety“, del quale riprende tematiche e struttura.
Tema principale della Sinfonia di Bernstein, come del poema di Auden, è la crisi della fede e la ricerca del rapporto con Dio; la crisi della fede è musicalmente simboleggiata dalla dissonanza, anzi l’emblema della la crisi dell’identità della fede è proprio per Bernstein il serialismo: non a caso “The Dirge” – la quarta sezione della sinfonia – inizia con una serie di dodici suoni esposta dal pianoforte e culmina con un grande accordo di dodici note, costruito prevalentemente per terze, come quello della Decima Sinfonia di Mahler.
Tutta la sinfonia quindi, nel dialogo fra il pianoforte (“the pianist provides an almost autobiographical protagonist“) e l’orchestra, nel continuo ondeggiare fra diatonismo e cromatismo, tra consonanze e dissonanze, non in senso classico ma come maggiore o minore distensione fra gli intervalli costitutivi dell’armonia, simboleggia la complessa ricerca di significato e di fede e alla fine dell’Epilogo giunge a un grande accordo consonante che unisce il pianoforte e l’orchestra, l’uomo e Dio, in un recuperato rapporto di fede; anche Turangalîla si chiude con un luminosissimo accordo conclusivo, in un gigantesco abbraccio fra umano, natura e divino.
In Messiaen si ha quindi una celebrazione, seppure non esente da momenti di drammaticità, un canto cosmico dell’amore all’interno della fede, in Bernstein la ricerca, che culmina nella conquista della fede. Sono modi diversi di raggiungere una medesima meta, ma sempre comunque una forma di comunione superiore che riempie di grande contenuto la ricchezza del linguaggio musicale.
Entrambi gli autori, anche nel prosieguo della loro attività artistica, non cedono mai all’idea di far prevalere il segno sul suono e sul contenuto, Messiaen approfondendo sempre di più il rapporto tra l’uomo, la fede e la natura, Bernstein ripensando sempre al tormentato percorso dell’uomo contemporaneo alla ricerca della fede, entrambi sempre tenendo saldo e presente il legame tra l’umano e il divino in un secolo in cui si è vissuto concretamente (e in maniera assolutamente fallimentare) il tentativo di estromissione di Dio.
Queste due sinfonie, così diverse ma così significative, accomunate da persone e da un anno, ma soprattutto dall’espressione di una profonda spiritualità, sono ormai molto diffuse nel repertorio sinfonico; soprattutto Turangalîla è effettivamente ormai un “classico” del XX secolo e della letteratura sinfonica, ma anche The Age of Anxiety è riuscita a ritagliarsi a buon diritto un proprio spazio.
La prima volta che ho ascoltato la Seconda Sinfonia di Bernstein è stata nel corso di una trasmissione televisiva di un concerto alla Scala di Milano, diretta da Seiji Ozawa; ormai sono tante anche le incisioni, a partire dalle tre in CD e DVD dello stesso Bernstein, e le programmazioni in concerto; ho trovato proprio in questi giorni su YouTube la registrazione della prima esecuzione assoluta, con Bernstein al pianoforte e Koussevitzky sul podio. Da notare che nel 1965 Bernstein pubblicò una nuova revisione della Sinfonia, che soprattutto incide sull’Epilogo, che quindi (per chi ha già sentito le più recenti incisioni) è qui un po’ diverso.
Il mio primo ascolto della Turangalîla è avvenuto grazie alla pregevole incisione Deutsche Grammophone del 1991 diretta Myung-Whun Chung, effettuata alla presenza del compositore.
Oggi sono numerose le interpretazioni reperibili sul mercato e molte di alto valore, a testimonianza della definitiva affermazione di questo grande capolavoro.