Nel 2021, tra le grandi celebrazioni per il settecentesimo anniversario della morte di Dante e, per gli amanti della musica, il cinquantesimo della morte di Igor Stravinsky, si colloca anche un’altra importante ricorrenza, il centenario della morte di un grande scrittore e uomo di teatro siciliano: Nino Martoglio.
Morto a Catania il 15 settembre 1921, Martoglio era nato a Belpasso, comune a pochi chilometri dal capoluogo etneo, il 3 dicembre del 1870. Pur in possesso del brevetto di capitano di lungo corso, non prese il mare e preferì invece dedicarsi al giornalismo, prima scrivendo sul quotidiano fondato dal padre, poi su una sua propria testata di tono satirico, il settimanale D’Artagnan, ove fra l’altro esordi con le sue prime produzioni poetiche dialettali che sarebbero più tardi confluite nella “Centona“. Al principio del Ventesimo Secolo Martoglio matura e mette in atto l’idea di diffondere su larga scala, sull’intero territorio nazionale, il teatro dialettale siciliano e con la compagnia da lui fondata e diretta nel 1903 raggiunge il Teatro Manzoni di Milano. Il suo è un teatro di grande impatto, grazie al potente realismo linguistico che pone in scena una Sicilia variopinta e “vera”, e a una spiccata comicità ai tempi messa in rilievo delle capacità di grandi interpreti del calibro di Angelo Musco, in grado di accentuarne – e talvolta esasperarne – la vena satirica e beffarda, o di Giovanni Grasso che, dall’altra parte, ne evidenziava gli aspetti più gravi e drammatici insiti in un impianto di commedia mai fine a se stesso. Nel 1913 diede anche il suo importante contributo alla nascente settima arte, prima come soggettista, poi con la regia di alcuni film, fra i quali “Sperduti nel buio“; sempre allo stesso decennio risalgono anche le sue collaborazioni con Pirandello, del quale Martoglio intuì le doti di scrittore per il teatro. Avvolta nel mistero, quasi adatta a un soggetto teatrale o cinematografico, è la morte di questa importante figura della cultura siciliana; recatosi a visitare il figlio ricoverato all’ospedale Vittorio Emanuele II di Catania, morì, in circostanze poco chiare, precipitando nella tromba di un ascensore del nosocomio.
Nel 1901 il “Circolo Bellini” di Catania pubblicò un volume commemorativo del primo centenario della nascita di Vincenzo Bellini, tutt’ora consultabile, oltre che nelle poche copie ancora esistenti, anche grazie alla digitalizzazione della biblioteca online di Google Libri.
Fra brevi saggi, opinioni e contributi di circostanza che popolano le pagine di questo interessante libro, specchio fra l’altro di una ben precisa cultura e di una sensibilità che di per sé sono una testimonianza e un valore, si trova anche un omaggio in versi composto da Nino Martoglio.
Si tratta di un doppio sonetto, ovviamente in dialetto siciliano, nel quale lo scrittore dipinge un idillio, un quadretto, in cui una natura quasi addormentata è come sospesa in un tempo lento d’attesa, dettato dalle immagini della “sciumara silinziusa” (per i non siciliani, il piccolo fiume a carattere torrentizio), della luna che guarda dall’alto, del canto dell’usignolo che addormenta i fiori. Improvvisamente l’atmosfera sognante è interrotta da un nuovo canto, una nuova presenza, quella di Vincenzo Bellini, che con la sua musica, al suo passaggio, riesce ad attrarre a sé l’attenzione di tutti gli elementi.
Al di là dell’ovvio manierismo dell’omaggio, Martoglio riesce, con indubbio “mestiere” letterario, a mettere in risalto, attraverso la scelta dell’atmosfera e delle immagini, uno degli aspetti più profondi dell’intera sensibilità belliniana, quel senso, tipicamente romantico, di accostamento al “segreto” della Natura che il compositore catanese estrinsecava attraverso la sua personalissima costruzione della linea del canto, ma anche con la sua capacità, nei momenti di più intenso lirismo, di sospendere quasi il tempo, operazione fra le più difficili in musica.
D’intesa con Davide Sciacca, che ha proposto alla mia attenzione questo testo, ho composto questo “Omaggio a Bellini” per voce recitante e chitarra, sulla la lirica di Martoglio.
Una breve introduzione, affidata alla chitarra, ricrea l’atmosfera della poesia di Martoglio, un quadro, come si è anticipato, di statica attesa, dove il fluire del tempo è al limite della sospensione, al ritmo lento del silenzioso scorrere dell’acqua.
La voce recitante, quindi, introduce, da sola, la prima quartina. Si avvia quindi il discorso musicale, che vede in parallelo la recitazione e la musica, con una fissa collocazione dei versi nelle battute musicali. Un breve episodio affidato alla sola chitarra introduce al cambio repentino indotto dall’arrivo di Bellini; la voce recitante, alternandosi a brevi frasi della chitarra, espone la nuova atmosfera, riunendosi poi alla musica, per giungere a una più o meno camuffata citazione di “Casta Diva“, dall’opera Norma.
Le ultime parole della poesia, con il nome del compositore catanese, scandite più ritmicamente dalla voce come indicato in partitura, lasciano quindi spazio alla cadenza finale della chitarra che ripropone le movenze delle fioriture della cavatina belliniana, per spegnersi con l’eco della sua conclusione.
Omaggio a Bellini viene eseguito in prima assoluta alla Settima Rassegna di poesia e musica siciliana, dedicata a Nino Martoglio nel 100° anniversario della scomparsa, al Palmento Arena di Ragalna (CT), il 31 luglio 2021, con Davide Sciacca (dedicatario del brano) alla chitarra e Loredana Marino, voce recitante.